L’equinozio d’autunno è una fase astronomica che si colloca intorno al 21 di settembre del nostro calendario. Dal punto di vista astronomico il sole si trova perpendicolare all’equatore, allo Zenith.
Gli antichi sembravano conoscere molto bene il comportamento del sole nella volta celeste. Non a caso la parola “equinozio” vuol dire in latino “uguale alla notte”.
Al solstizio d’estate abbiamo osservato il sole “fermarsi” nella volta celeste, con conseguente aumento delle ore di luce su quelle di buio.
In questa fase, invece, avviene che “la notte è uguale al giorno”, ovvero le ore di luce ed ombra si equivalgono.
Mabon
Gli antichi culti pagani, come sappiamo, ponevano la natura al centro delle loro credenze e ritualità. La ragione, l’abbiamo detto molte volte, va ricercata nel fatto che si viveva in un contesto agricolo. La natura era considerata una madre, una nutrice, una distruttrice. La Dea assumeva quindi una triplice valenza, consentiva le nascite, forniva cibo e sussistenza, oltre ad un riparo.
Analizzando la ritualità degli antichi, questo triplice aspetto non va assolutamente trascurato.
Nel caso specifico, il nome Mabon, giunto fino a noi, si riferisce ad una divinità gallese, corrispettivo di Apollo, secondo alcuni. Secondo altri, invece, trova la sua controparte in Demetra, di cui abbiamo ampiamente parlato.
Quale che sia il suo analogo romano o greco, non si può non constatare la peculiarità archetipica, che rimane intatta, di qualunque pantheon si parli.
Mabon è un dio di trasformazione. Il mito ci racconta che a soli tre giorni viene rapito da Modron, la Grande Madre. Naturalmente viene successivamente tratto in salvo, ma in questo periodo di tempo egli vive prigioniero nel grembo di Madre Terra acquisendo la facoltà di rinascere.
Demetra
Essendo quello di Demetra il mito della Ruota dell’anno per eccellenza, non possiamo non accennare alle analogie con esso.
L’equinozio d’autunno si trova esattamente a metà tra i due solstizi. Dal punto di vista del mito, ci troviamo nel momento in cui la povera Demetra deve separarsi dalla figlia Persefone, la quale sta per intraprendere il suo viaggio nell’oltretomba.
Questo porterà, come sappiamo, i campi a sfiorire e le colture a morire. La natura smetterà di dare i suoi frutti, preparandosi al riposo invernale.
La vicenda di Demetra è al centro dei Misteri Eleusini. SI trattava di un culto divenuto poi misterico, accessibile cioè ai soli iniziati.
Il mistero si basa sul cammino iniziatico, di cui la vicenda narrata dal mito è una metafora. Come Persefone lascia da fanciulla sua madre e la sua casa, così l’iniziato lascia la sua condizione di profano per inoltrarsi nel cammino che lo conduce alla scoperta del mistero. Questa è la fase della “discesa” o “perdita”. Segue la fase detta “ricerca”. Qui si fa riferimento alla ricerca di Demetra della fglia perduta. La dea inizia a vagare per il mondo e a chiedere ovunque della fanciulla. C’è chi la deride, come Apollo. C’è chi invece di offre di darle una mano, Ecate. Ecate è una dività psicopompa, l’abbiamo già detto, che ha quindi l’esclusiva facoltà di camminare sulla terra ed anche negli inferi. Così Demetra esce dalla caverna dove ha incontrato la vecchia Ecate. Prestiamo attenzione al simbolismo forte della caverna, che ritroviamo anche in Platone. La caverna ha un grande significato simbolico. E’ il simbolo di ciò che ci è nacosto alla vista e racchiude la sfida per ritornare a vedere la luce, il sacrificio da compiere per liberarsi dalle catene.
Dopo la fase della “ricerca” che va intesa quindi come una ricerca interiore, si giunge alla fase dell'”ascesa”. Si acende alla vita eterna, poiché la conoscenza ci ha reso consapevoli. Abbiamo raggiunto l’illuminazione e siamo usciti dalla caverna.
Luce/ombra
Il simbolismo luce/ombra diviene quindi il fulcro della vicenda di madre e figlia.
Il mito parafrasa in maniera molto eloquente il cammino iniziatico che è la vita.
Attraversiamo infatti una fase in cui “veniamo alla luce” ed iniziamo a fare l’esperienza. Continuiamo lungo il nostro percorso ascendente, un po’ come fa il sole per sei mesi all’anno. Percorriamo la via illuminato dalla luce del sole, passiamo la giovinezza e giungiamo all’età adulta. Qui subiamo una trasformazione, perché nel frattempo l’esperienza ci ha reso quelli che siamo, ha contribuito a formare l’infrastruttura morale, le convinzioni, credenze, il senso etico. Giunge quindi in questa fase il momento della maturità. La fase discendente e trasformativa. Anche se fisicamente non abbiamo più il vigore della giovinezza, godiamo dell’esperienza accumulata ed i nostri valori sono una bussola per orientarci anche al buio.
Ora comincia il viaggio più difficile, quello attraverso la caverna. Quello che ci porta ad attraversare l’ombra per poter”tornare alla luce”. Simbolicamente come Mabon, anche noi siamo chiamati a fare la più difficile delle esperienze, la morte, per poi trasformarci e rinascere. Questo è un processo a cui nessuno può sottrarsi.
Non a caso le scuole misteriche hanno poi ripreso questo concetto, trasponendolo e rendendoli come metafora del percorso iniziatico di morte spirituale e rinascita appunto come iniziato.
Trasformazione
L’equinozio d’autunno è un momento trasformativo, ma anche di bilanci. Abbiamo coltivato e raccolto i frutti del nostro lavoro. Sin qui abbiamo goduto dell’abbondanza e della prosperità, della luce. Abbiamo condiviso il raccolto con gli altri. Ora è tempo di chiederci: abbiamo fatto tutto nel modo che volevamo? Cosa possiamo cambiare?
L’equinozio d’autunno è anche il momento della vendemmia. Simbolicamente di tratta anche qui di un rituale trasformativo. Raccogliamo l’uva, la poniamo un catino e la schiacciamo affinché si trasformi nel mosto. Con esso potremo produrre il vino. In antichità questo era un vero e proprio rituale dedicato a Dioniso.
Celebrare Mabon
Il rituale di Mabon prevede l’impiego di colori autunnali. Se prima avevano utilizzato colori sgargianti per celebrare l’abbondanza della luce solare, ora preferiamo toni meno accesi. Il giallo diviene arancio, il verde è più scuro.
Le erbe da utilizzare nei rituali sono il grano e la quercia. Sono erbe equinoziali anche la calendula, il cardo, la vite e le ghiande. Anche qui ritroviamo riferimenti al mito druidico del re Quercia. Possiamo utilizzare degli incensi naturali, bruciare le erbe raccolte al solstizio ed allestire la tavola con la classica cornucopia, il “corno dell’abbondanza”. Esso in antichità conteneva oltre al grano, prodotti del raccolto, come ad esempio piccole zucche e castagne.
Ma questo è anche un momento per noi, per stare soli con noi stessi. Dedichiamo qualche attimo per fare delle passeggiate nella natura, assaporando la trasformazione che la pervade. Portiamo quella trasformazione in noi e rendiamoci parte attiva in essa. Abbattiamo ogni resistenza al cambiamento e allo stesso tempo esprimiamo tutta la nostra gratitudine per il cammino compiuto fin qui. Siamo grati per l’esperienza, per i legami e per i frutti che la natura ci ha donato. Infine raccogliamo le “nostre cose”, il nostro bagaglio esperienziale per cominciare il cammino discendente, quello che ci porterà nella caverna ad affrontare l’ombra, l’oscurità per uscirne rinnovati. È tempo di trasformarsi!