Selene veniva identificata nel pantheon greco come la dea della luna piena. Il suo nome deriva da Sèlas, “splendore”. Viene descritta da Omero nell’Inno a lei dedicato, come divinità dal viso pallido, adornata da vesti argentate o candide e da un quarto di luna sul capo. Vedremo più avanti come l’aspetto descritto dai testi greci e dall’iconografia che la rappresenta ci forniscano dei chiari indizi sull’origine di questo culto.
Origini
Selene, come le altre dee lunari discende direttamente dalla stirpe dei Titani. I suoi genitori sono Tea, “colei che splende da lontano” ed Iperione, “colui che sta sopra”, il cielo diurno e luminoso. I due erano fratelli ed amanti, cosa molto comune nel racconto mitologico, come abbiamo già visto in altri casi. La loro progenie, oltre a Selene, comprende Elio “il sole” ed Eos “l’aurora”. Insieme i tre fratelli si avvicendano nel cielo giorno e notte ciascuno secondo e proprie prerogative.
Il mito
Il mito Greco ci parla di una dea dal volto pallido, abbigliata con vesti candide o argentate, talvolta coperta da un mantello scuro adornato di stelle. Porta un quarto di luna sul capo insieme a teste di ariete, che rappresentavano la primavera. Presso i Greci si trattava di una fase importante dell’anno, poichè costituiva l’inizio e la fine dell’anno.
Riflettiamo ancora una volta sul concetto di inizio e fine, morte e rinascita. Caratteristiche proprie della concezione ciclica del tempo, che vede il perpetrarsi di un eterno ritorno.
Ma torniamo al mito. Il racconto vede ogni notte Selene giacere col fratello Elio, il quale si ritira col suo cocchio dorato sull’oceano. Selene trascorre con lui venticinque notti ogni mese. Guida il suo carro lunare trainato da buoi bianchi donati da Pan. Il dono sembra essere giustificato dal desiderio di Pan di farsi perdonare per aver ingannato la dea, seducendola travestito da caprone. Selene compie quindi il suo compito ed illumina il cielo notturno, in attesa di avvicendarsi col la sorella Eos, l’aurora. Tuttavia per cinque notti ogni mese si dilegua. E’ il novilunio. In cielo la luna non è visibile, infatti. Ma dove va Selene, quando non trascorre il suo tempo col fratello?
Qui il mito si differenzia in molteplici versioni. Sembrerebbe che la dea lunare si celasse all’interno di una caverna per rendersi invisibile, nella quale caverna restasse in dolce compagnia del suo amato Endimione “colui che dimora dentro”, appunto. Dal loro amore nasceranno ben cinquanta figlie, tante quanti sono i mesi di un’olimpiade. Pare che ad un certo punto il pastore Endimione sia caduto addormentato. Non è chiaro se per mano della stessa dea, al fine di preservarne la bellezza e la giovinezza o se per opera di Zeus, a causa di un affronto ai danni della moglie Hera. Si dice anche possa essersi trattato di un dono del dio Ipno, il sonno. Sta di fatto che di lui si sa solo che dimorava in questa grotta.
Pan e i riti orgiastici di Calendimaggio
Ripercorriamo il mito legato alla figura i Pan, già citato prima. Il dio viene spesso raffigurato come un satiro, un fauno, una creatura silvana. Lo si deve al suo nome che in greco antico significa “pascolare”. Pan è quindi mezzo uomo e mezzo caprone. Di certo non un bello spettacolo per una fanciulla “splendente” come Selene.
Pan è una divinità strettamente legata ai riti di fertilità ed alle dee lunari. Questo lo si deve anche all’incontro rocambolesco che ha avuto con la nostra dea.
Sembra che Pan ne fosse infatuato ma, come abbiamo detto, non essendo un gran bel vedere, si avvicinò a lei con l’inganno. Coprì il suo corpo con pelli di pecora e si decise a corteggiarla. Selene, la quale era sì una dea splendente di luce, ma era attirata anche dall’oscurità che ogni notte finiva con l’abbracciare essendo anche parte di lei, venne attirata nella trappola del dio oscuro. Gli salì sul dorso e finirono con l’accoppiarsi.
I riti orgiastici tenuti in epoca romana in occasione dei festeggiamenti di Calendimaggio celebravano la fertilità della terra e la primavera. Ma anche il risveglio dei sensi: gli uomini infatti corteggiavano le ragazze offrendo loro dei doni. Sembra che il rituale al centro di questa celebrazione orgiastica, traesse la sua simbologia rituale proprio da questo mito che ha come protagonista Pan. Esso in breve prevedeva appunto un accoppiamento collettivo che iniziava con una donna che saliva in piedi su di un maschio.
Ovviamente essendo un dio dalle abitidini spregiudicate, che cercava incessantemente il piacere sessuale, non fu complicato per la Chiesa Cattolica assimilare la sua figura ed iconografia a quella Satana in persona.
Dea lunare
Assimilata dagli studiosi di antiche religioni alla Dea Ishtar dei Babilonesi e alla Dea Iside egizia, Selene racchiude in sé tutte le caratteristiche delle dee lunari. Si è già parlato di Ecate ed Artemide, il cui culto esattamente come quello di Selene deriva, non a caso da quello della Grande Madre del Neolitico.
Anche Selene infatti è chiamata “dea trina” per il fatto di incarnare in sé tutti tutte le caratteristiche della luna in ciascuna delle sue fasi. Teniamo conto che per i Greci le fasi lunari erano tre: la luna nuova non era considerata una vera e propria fase astronomica poiché il satellite non era visibile nel cielo.
Selene rappresenta in particolare la Madre. Il momento in cui la terra riceve nutrimento ed accudimento. Se ricordate abbiamo già parlato di come invece Artemide rappresentasse l’infanzia e la giovinezza, mentre Ecate l’età avanzata, la vecchiaia. Ebbene Selene, rappresentata con vesti bianco ed argento, era considerata emblema della maturità, della pienezza, della fertilità, quale custode del seme che nascerà a nuova vita.
Trina
Tuttavia si tratta di una triplice dea o “trina” perchè in essa troviamo peculiarità proprie della madre, della nutrice, ma anche della distruttrice. Cosa questa che più di ogni altra vale il paragone con la babilonese Ishtar, a sua volta legata a doppio filo con Inanna, dea madre protettrice e guerriera, foriera di morte. Selene è dea della luna piena, bianca, piena come un grembo che sta per portare una nuova vita alla luce. Veniva per questo anche invocata durante il parto esattamente come la sua analoga Artemide già citata. Tuttavia non bisogna trascurare il ruolo di Selene quale Dea del Cielo e custode delle stelle.
E qui ci avviciniamo a poco a poco all’aspetto oscuro che ciascuna dea lunare della storia porta dentro di sé. Anche Selene è infatti legata a doppio filo alle arti magiche, intese come conoscenze perdute, segrete, note a pochi. Essa è custode dei poteri oracolari che aprono le porte alla conoscenza, appunto. Possiamo pensare che questo sia uno dei motivi per i quali in epoche successive le dee lunari come Ishar e Selene finirono con l’essere raffigurate come le Erinni, divinità del caos e della distruzione.
Erbe sacre
Non ci sono molte fonti riguardanti le erbe sacre a questa dea, poiché col tempo essa venne assimilata con la figura di Artemide e presso i Romani quasi dimenticata.
Sembra che particolarmente caro alla dea fosse il Salice Bianco e non a caso ritroviamo il colore delle vesti di Selene. Questa pianta ha virtù analgesiche e viene impiegata come antinfiammatorio per contrastare mal di testa, nevralgie, reumatismi, sati febbrili. Ha tuttavia un’azione antiaggregante piastrinica, perciò non è consigliata per chi assume anticoagulanti od in gravidanza ed allattamento.
Vi è una pianta che porta il nome di Erba Selene o Erba Silene, di cui non abbiamo informazioni che la leghino alla dea. La leggenda narra che Bacco avesse un amico chiamato Sileno, il quale aveva una grande pancia rotonda e per il fatto che le infiorescenze di questa pianta hanno una forma simile ad un palloncino, decise di darle questo nome. Alcuni invece ritengono che questo nome la pianta lo debba alla parola greca “Sialon” che significa “saliva bianca”. Quale che sia la vera origine del suo nome, è fuori dubbio secondo me l’influenza della Dea Selene.
Un’altra pianta sacra a selene è l’albero del Pero. E non deve affatto soprenderci: i suoi fiori sono ancora una volta bianchi come le vesti di selene e come la luna piena.
Conclusione
Non c’è dubbio che i molteplici aspetti di queste dee possa creare un’ambiguità difficile da comprendere, soprattutto nell’ottica moderna che vede il tempo come lineare e fa nette distinzioni tra bene e male. Tuttavia lo studio di queste divinità ci deve spingere a superare certe barriere, che ci impediscono di assimilare un concetto che sta alla base della nostra esistenza sulla terra: la ciclicità.
Possiamo ben dire che questo sia il tema centrale per chi cerca di avvicinarsi allo studio ed alla conoscenza delle dee. La ciclicità del tempo e delle stagioni, che porta vita crescita, morte e distruzione, ma solo per poi tornare a generare nuova vita. Comprendere ed introiettare il concetto di ciclicità, vuol dire iniziare a capire che anche noi siamo parte di questo ciclo e ad esso siamo chiamati a contribuire vivendo in armonia con esso.